Metti un mattino a N. Y. a sentire Hannah Montana:

Code all'alba insieme alla mamma per la diva bambina

Magliette colorate, poster scritti a pennarello, collage di foto giganti e una miriade di palloncini. Il popolo di Hannah Montana, al secolo Miley Cyrus, si mette ordinatamente in fila lungo le transenne di Bryank Park quando sono da poco passate le 4 del mattino. È ancora notte e mancano tre ore all’inizio del concerto che la giovane star dell’omonimo programma tivù ha deciso di regalare a New York, ma nessuno vuole arrivare ultimo. Sono quasi tutti bambini, 5, 6, 10 anni, per mano ai genitori, in gran parte mamme con dietro la colazione. Mamme ispaniche, bianche, afroamericane e asiatiche. C’è chi ha voluto venire a tutti i costi con l’amica del cuore e la sera prima è andata a letto alle 19 per potersi svegliare alle 3 ed essere qui per fare quello che un cartello riassume come «We Rock M&M».

Per Miley un concerto gratis nel cuore di Manhattan alle 7 significa andare incontro alle richieste del suo pubblico: genitori assillati da figli ultrafan che la sera non vanno a letto tardi mentre non hanno difficoltà ad alzarsi presto, più o meno come durante l’anno scolastico.

Quando il parco è gremito in ogni ordine di posti, la folla di oltre 10 mila persone straripa sulla 42° Strada e si assiepa alle spalle della Public Library. Miley esce sul palco colorato di giallo adibito a Good Morning America dell’Abc e viene salutata da un boato che accompagna il lancio di migiaia di palloncini. Camicia scozzese e pantalocini jeans, la star dei bambini del XXI secolo è vestita in maniera casta. Nessuna scollatura, niente spacchi, ammiccamenti osé né ombelico in vista. Il look rassicura i genitori che trovano un modello eticamente corretto per i figli e piace anche alle ragazzine, che fanno a gara nell’imitarla. C’è chi si è scritto «Miley» sul volto, sulle braccia, sulle gambe. Chi indossa sue immagini stampate. E tutti - o meglio tutte, visto che la maggioranza è femminile - muovono le braccia seguendo i suoi gesti, in un crescendo di pathos che lei accompagna, facendo sempre attenzione a controllarlo. Non eccede mai. Quando vede che il rullio dei tamburi crea un’atmosfera troppo accesa torna sui suoi passi, si interrompe, parla con il pubblico con voce rassicurante. Recita fino in fondo la parte della star-bambina acqua e sapone, anche perché ciò che ha in mente è preparare il terreno per il prossimo album Breakout, in uscita in America il 22 luglio.

Anche quando danza sul palco l’atmosfera è da elementari. Miley canta i suoi successi, da 7 Things a Fly on the Wall fino a See You Again senza gesti sfrenati, i vestiti sono quelli di tutti i giorni e spesso i balli di gruppo finiscono in un capannello di chiacchiere, come in un cortile di scuola. Fra le decine di poliziotti chiamati a sorvegliare Bryant Park in molti mostrano di divertirsi perché non è un concerto come gli altri: è gratis ma senza scapestrati, non gira alcol, i gruppi famigliari restano ben stretti, la preoccupazione maggiore è di evitare resse fra orde di telefonini che si accalcano alla ricerca dello scatto migliore quando la 15enne Miley passeggia sullo sfondo dell’Empire State Building.

Per le migliaia di ragazzine è come un sogno divenuto realtà. «Voglio essere come lei», dice la piccola Nancy, che assicura di essere «grande» ma senza confessare l’età. Nina solleva un collage-cartello su cui è scritto in rosso a caratteri cubitali «I’m a future rockstar». Per Ghila, capelli lunghi e biondi, «Miley dal vero canta meglio che in TV» mentre due adolescenti vestite interamente di rosa restano incollate a un mini-striscione confezionato in casa su cui campeggia la scritta che descrive lo stato d’animo del popolo del Bryant Park, «Made for a Dream Come True»: fatto per un sogno divenuto realtà.

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